Negli anni ‘90 la dolorosa attività di recupero dei giovani tossicodipendenti di Milano convinse don Antonio Mazzi a cercare soluzioni in termini di prevenzione al problema delle dipendenze. La pedagogia “di strada”, alla base di tutta la sua forza di volontà, cominciò ad assumere una nuova forma. Bisognava evitare che il giovane assumesse stili di vita sbagliati. Come?

Gli adulti hanno la responsabilità di far divertire i giovani in modo sano. Quattro sono le attività su cui viene costruito il patto tra giovani ed adulti: lo sport, la solidarietà, il volontariato, l’arte. Sono le famose “Quattro Ruote” dei Centri Giovanili, che nascono dall’esperienza delle carovane della vita che tutt’ora percorrono l’Italia. Don Antonio coinvolse i giovani perduti del Parco Lambro di Milano ad accompagnarlo lungo la penisola su camper e furgoni, allo scopo di usare il divertimento e la gioia del viaggio come terapia contro la dipendenza da sostanze tossiche.

Funzionò.

In seguito si diffusero i Centri Giovanili: contenitori sociali dove si fa sport, musica, danza, volontariato e che accolgono bambini e giovani dopo la scuola per farli divertire. I Centri andavano ad affiancarsi ai luoghi di aggregazione canonici: le parrocchie con gli oratori e le associazioni del territorio (volontariato e sportive). Lo scopo era ed è far divertire i ragazzi in modo sano e tenerli lontano dalle tentazioni della contemporaneità.

Infine ecco arrivare due progetti che sono la naturale evoluzione di una vita al servizio degli altri, dei diversi, degli emarginati: “Tremenda voglia di Vivere” e “ABC dello Sportivo”. Il primo accompagna i ragazzi della loro quotidianità attraverso un diario scolastico zeppo di fatica, vittorie, limiti, sogno, divertimento, regole, amicizia. Il secondo, ben più ambizioso, vuole essere un modello educativo dedicato ai genitori affinchè non permettano ai figli adolescenti di abbandonare la pratica sportiva.

Perchè se un bambino ed un giovane non fanno sport, cosa resta loro da fare oggi?